Il Castello dei Barbavara

Il castello dei Barbavara o di Santo Stefano sorgeva sulla montagna tra gli abitati di Roccapietra e Varallo in posizione dominante sulla valle sottostante e in grado di controllare le strade di accesso alla Valsesia ma quelle provenienti dal Lago d’Orta attraverso Civiasco e Ci­limo.

La costruzione di questo “nido d’aquila” risale al 1050 quando i Conti di Biandrate per esercitare il loro potere sulla valle fecero costruire un castello che dedicarono a Santo Stefano in onore del santo al quale era dedicata la cappella al suo interno.

Per circa 300 anni esercitarono il loro potere sulla valle fino alla fine del XIV secolo quando tra il 1372 e il 1374 i Valsesiani si liberarono della presenza oppressiva dei Conti di Biandrate dichiarandoli nemici della valle e distruggendo i loro castelli sia per impedire un eventuale loro ritorno che per vendicarsi di secoli di angherie.

Nel 1402 il feudo della Valsesia venne assegnato da Gian Galeazzo Visconti a Francesco Barbavara che fece ricostruire il castello che prese il suo nome e regnò sui valsesiani con la stessa prepotenza dei Conti di Biandrate. Per tredici anni i Valsesiani subirono le stesse angherie ma nel 1415 si liberarono definitivamente del feudalesimo e costrinsero Barbavara a lasciare precipitosamente la valle.

Attualmente del castello si possono ammirare solo i ruderi: i resti della piccola cappella, di alcuni muri perimetrali, di una torre di guardia, del portale di ingresso e della cisterna dell’acqua che, osservando quello che ne rimane, doveva avere un soffitto a botte.

 

Il Castello d’Arian

Sul rilievo che chiude a nord-est la conca che ospita il lago di S. Agostino si trovano i pochi resti del castello d’Arian: alcuni muri, una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana e il pozzo. Storicamente non si sa molto di questo castello probabilmente rappresentava un rifugio temporaneo per gli abitanti del borgo tra l’XI e il XIV secolo. Alcuni storici attestano che fosse stato utilizzato nel 1300 anche da eretici medioevali, gazzari o dolciniani, ricoverati lì dai conti di Biandrate, per tentare, tramite loro, di conquistare il dominio perduto o che stavano per perdere.

Una leggenda vuole che al fondo di questo pozzo si trovi una botte d’oro. Si presume invece che il pozzo fosse collegato al lago attraverso un cunicolo sotterraneo e per mezzo degli argani venisse recuperata l’acqua. A conferma nella sponda del lago si trova una antica presa d’acqua.