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Belvedere di Otro

Descrizione

Quota iniziale : 1213 m
Quota finale: 1820 m
Dislivello: 753 m comprese le perdite di quota
Distanza totale A/R: 10,60 km
Tempo: 4:20 h intero giro escluse le soste

Il giro di oggi ci riporta in val d’Otro una valle laterale della Valsesia e più precisamente a Belvedere di Otro.

Avendo fatto diverse volte la salita da Alagna a Follu per non ripetere le descrizioni dei vari percorsi possibili mettiamo i link della salita diretta, della deviazione che passa dalle miniere di Manganese e quella dall’Alpe Gender.

Lasciata l’auto nel parcheggio alle porte di Alagna ci dirigiamo a Resiga, frazione di Alagna, dove parte il sentiero 203 che in circa un’ora e un quarto ci porterà a Follu.

Attraversata la graziosa frazione walser ci dirigiamo verso Dorf per poi salire a destra verso un’area picnic. Il sentiero per il Belvedere non è segnalato in nessun modo occorre seguire una traccia che parte dalla casetta bianca dei bagni pubblici e sale per prati a monte della frazione Ciucche. Il percorso è abbastanza breve, circa mezz’oretta, per il primo tratto sale deciso per poi spianare un po’ entrando in un bosco di larici. Arrivati al Belvedere si oltrepassano i resti dell’arrivo dell’impianto di risalita proveniente da Fellerech mentre sulla destra è ancora visibile il basamento in cemento dove sorgeva il famoso albergo Belvedere costruito agli inizia del ‘900 e che brucio il 2 luglio 1970 a causa di un corto circuito.

Proseguendo per poche decine di metri si incontra la stazione dell’Ovovia Belvedere che saliva da Alagna tristemente famosa per la tragedia che avvenne il primo di agosto 1971 e che costò la vita a quattro persone. Dopo l’incidente non fu mai più risistemata, oggi giace in totale abbandono e la natura sta piano piano prendendo il sopravvento. ATTENZIONE il fabbricato è pericolante pertanto non far avvicinare troppo i bambini.

Da qui si può godere di un panorama eccezionale sul Rosa (quando non è coperto dalle nuvole), su Alagna e sulle principali montagne che la circondano. Dopo una breve sosta ritorniamo a Dorf ripercorrendo la traccia di sentiero della salita.

Per ritornare a valle decidiamo di fare un percorso ad anello pertanto ritornati verso Follu prendiamo sulla destra il sentiero che scende verso l’Alpe Gender. Attraversiamo gli ampi pascoli sotto Dorf e incominciamo a scendere entrando nel bosco. Arrivati ad una radura troviamo un incrocio dove a destra si sale alla frazione Weng, a sinistra si scende ad Alagna accorciando un po’ il percorso mentre proseguendo dritto ci si dirige verso l’Alpe Gender. Proseguiamo dritto e continuiamo a scendere nel bosco fino ad arrivare al torrente Otro che attraversiamo su un ponticello di legno.

Giunti dall’altra parte ignoriamo il sentiero a destra che si dirige verso l’Alpe Gender e proseguiamo tenendo la sinistra. Attraversiamo il rio Tailly e risaliamo per ricongiungerci in una radura al sentiero 203a che scende dall’Alpe Gender e che seguiamo in discesa rientrando nel bosco. Dopo circa dieci minuti riattraversiamo su un bel ponte il torrente Otro e proseguiamo sul sentiero 203a che diventa molto ampio e che in una quarantina di minuti ci riporta al sentiero 203 della mattina nei pressi della fontana. A questo punto non resta che ripercorrere lo stesso itinerario della salita fino alla macchina.

 

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Leggende storia e curiosità

La leggenda dell’Uomo Selvatico “Das Wilte Mandiè”

Un tempo nella Valle d’Otro viveva un uomo d’indole così selvaggia che se ne stava tutto solo, anche nel cuor dell’inverno, in quel luogo delle alpi di Otro chiamato Die Saccu vicino al torrente. Era alto e forte, con una lunga barba grigia, vestiva di pelli girava scalzo e assai raramente rivolgeva la parola ai pastori che incrociava sulla via degli alpeggi. Si nutriva di erbe e di bacche, talvolta rubava un cavolo da un campo o un sorso di latte da una stalla e di tanto in tanto si recava su un sasso soleggiato sopra la frazione Scarpia e là rimaneva per ore immobile a rimirare la valle.

Un giorno d’inverno mentre tornava col suo secchiello dal torrente Otro, dove si era recato per attingere la sua provvigione d’acqua, incontrò sul sentiero uno sconosciuto che lo salutò “Buon giorno” gli disse questi con voce asciutta. L’Uomo Selvatico non aveva mai visto un simile personaggio: era vestito di velluto nero e calzava lustri stivaletti di pelle fine. “Perché ti affanni tanto sottoponendoti a tali fatiche per condurre in fondo una vita miserabile in questa valle?” chiese lo straniero “Io posso spostare le montagne che la circondano e far sì che il sole la illumini sempre, tutto l’anno; posso trasformare questi poveri campicelli in ricche piantagioni dove farò nascere spighe dorate e viti che daranno uve dolcissime, pronte da raccogliere, senza nessuna fatica”. Lo straniero proseguì: “In cambio vorrei solo la tua anima, non è gran cosa ti pare? Ascoltami e non te ne pentirai”. All’udire tale proposta l’Uomo Selvatico comprese di avere davanti il Diavolo in persona, si fece il segno di croce e girate rapidamente le spalle corse via.

L’Uomo Selvatico continuò a dimorare chissà fino a quando in Die Saccu, riposandosi ogni giorno sul suo sasso dove a poco a poco si è scavata una conca nel punto dove stava seduto. La Valle d’Otro è ancora un luogo isolato e meraviglioso, anche se i campi sono poveri e scoscesi e vi crescono solo segale, patate e qualche cavolo, gli inverni sono bianchi, lunghi e gelidi ma l’anima dell’Uomo Selvatico vi abita ancora.